Psicologia della mancata adesione al piano alimentare

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Le dinamiche alla base della mancata adesione alla dieta

Nel suo libro “Le basi e le altezze del lavoro del nutrizionista” il medico nutrizionista Maurizio Marozzi approfondisce gli aspetti psicologici ed i comportamenti che sono alla base del sovrappeso e dell’obesità, anche quelli che non sono contenuti nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, cioè il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V). Pertanto, oltre ad affrontare approfonditamente i disturbi del comportamento alimentare riconosciuti nel manuale, quali anoressia nervosa, bulimia nervosa e binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata), egli valuta nel suo libro altri aspetti psicologici che sono alla base del sovrappeso e dell’obesità e della mancata adesione al piano alimentare. Infatti spesso chi ha poca esperienza nel settore pensa che all’origine di questi stati ponderali vi siano necessariamente disturbi quali la bulimia o il binge eating disorder. In realtà, nella maggior parte dei casi, l’aumento di peso è dovuto a comportamenti alimentari errati da parte di soggetti con venature nevrotiche della personalità, che non rientrano nei criteri diagnostici del DSM-V.

In particolare, in molti pazienti che affrontano una terapia alimentare coesistono due entità contrapposte, una che vuole seguire la dieta e una che non la vuole fare. Il nutrizionista deve porsi pertanto nei confronti del paziente come se si trovasse di fronte a due entità per avere una maggiore efficacia terapeutica.

Si possono presentare anche casi di soggetti per cui le abitudini alimentari costituiscono una realtà consolidata e condivisa con il nucleo socio-familiare. In queste situazioni si potrebbero avere resistenze nell’adesione al piano alimentare poiché il paziente prova la sensazione di venir escluso dal suo ambito relazionale.

Il medico nutrizionista Maurizio Marozzi nel suo libro approfondisce anche le dinamiche psicologiche alla base della mancata adesione. In particolare, grazie ad un’esperienza di trent’anni, egli osserva che chi non riesce ad aderire al piano alimentare spesso non ha una personalità ben definita, ma soffre di una bassa autostima ed ha una personalità fragile. Questi soggetti sono alla costante ricerca di qualcosa che permetta loro di riempire il vuoto emotivo e le sensazioni di gioia, di cui spesso sono carenti, vengono sostituite da piaceri di natura soprattutto alimentare. Ecco perché molte volte si osserva in questi pazienti che il cibo diventa un veicolo per mitigare il vuoto interiore, per combattere lo stato di angoscia e per determinare una stabilità emotiva.

Bisogna considerare anche che quando il cibo assume valenza emotiva, la prescrizione dietetica può essere vista dal paziente anche come l’imposizione di un’emozione. Inoltre spesso i comportamenti che conducono al sovrappeso sono vissuti dalla parte razionale del soggetto come un vero e proprio tabù di cui prova vergogna e di cui tende a non parlare con il nutrizionista.

Il Dr. Marozzi ha osservato in molti pazienti con le problematiche sopraesposte anche il fenomeno della proiezione, cioè la creazione di alimenti simbolo presenti nella prescrizione dietetica ai quali si imputa l’eventuale mancato risultato e quindi la sensazione dolorosa che si prova. In questo caso vengono messi in dubbio la quantità, la frequenza e nei casi peggiori anche la presenza stessa dell’alimento. La conseguenza più frequente che egli ha potuto osservare in chi presenta queste problematiche di natura psicologica è l’istaurarsi della logica dicotomica: vengono individuati alimenti “vietati” e alimenti “permessi”. I primi sarebbero la causa del sovrappeso in qualsiasi quantità essi vengano assunti, mentre i secondi possono essere consumati senza alcun limite. Chi adotta questa logica dicotomica spesso riduce le quantità degli alimenti ai pasti, destrutturando gli stessi e per giustificare i propri comportamenti tende a costruire una realtà scientifica di comodo, basata sul sentito dire o su notizie apprese dai media.

Il Dr. Marozzi ha avuto modo di osservare delle espressioni tipiche in coloro che mostrano difficoltà nell’aderire al piano alimentare. Una di queste ad esempio è che “ai pasti si mangia troppo”, in quanto i pazienti che per anni hanno avuto cattive abitudini alimentari hanno difficoltà ad abbandonarle e quindi i cibi appartenenti alla dieta vengono visti come qualcosa che va a minare le vecchie consuetudini e per questo sarebbero “eccessivi”. Un altro comportamento tipico è la negazione del nesso tra il risultato ottenuto e l’adesione alla dieta. Questo si verifica quando il paziente effettua molte trasgressioni che compromettono il calo di peso, ma vuole evidenziare che il proprio insuccesso deriva da fattori diversi dall’alimentazione.

Alcune persone poi, per evitare di cambiare le proprie abitudini alimentari, si affidano a “tecniche miracolose”, non basate però su criteri scientifici, come ad esempio diete sbilanciate o diete delle intolleranze, erbe e integratori con valenza di “filtri magici”, attività fisica non abbinata ad una correzione delle abitudini alimentari.

In altri casi, inoltre, si osservano soggetti che per un periodo non sono stati in grado di seguire la dieta, imputandone la colpa a eventi negativi che, per la loro entità, non giustificano questa scelta.

Per le problematiche psicologiche sopraesposte può capitare poi che il paziente non riesca a prendere adeguatamente coscienza degli errori commessi, oppure che soffra di vere e proprie amnesie nei confronti delle trasgressioni effettuate.

Nel suo libro il Dr. Marozzi infine dà anche preziosi consigli su quale deve essere il ruolo del terapeuta quando si presentano nel suo lavoro pazienti che hanno difficoltà ad aderire al piano alimentare. Il nutrizionista deve avere un atteggiamento empatico, ma non eccessivamente accondiscendente ed è utile che fornisca consigli riguardanti ad esempio la scelta degli alimenti o la preparazione dei cibi, senza tuttavia scendere nei dettagli delle nozioni scientifiche alla base delle scelte terapeutiche. In alcuni casi il nutrizionista può anche consigliare una valida psicoterapia da proporre ai pazienti con le problematiche più gravi.